TUTELA PREVENZIONISTICA EX ARTICOLO 2087 CODICE CIVILE: L’AMBITO DI APPLICAZIONE

29 Giu TUTELA PREVENZIONISTICA EX ARTICOLO 2087 CODICE CIVILE: L’AMBITO DI APPLICAZIONE

E’ da lungo tempo dibattuto se l’art. 2087 c.c. possa trovare applicazione solo nell’ambito del lavoro subordinato oppure se, a determinate condizioni, debba essere applicato anche con riferimento al lavoro autonomo.

L’articolo 2087 del Codice Civile impone all’imprenditore di adottare, nell’esercizio dell’impresa, le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. In altre parole, l’art. 2087 rappresenta il fondamento dell’obbligo di tutela prevenzionistica e antinfortunistica posto in capo al datore di lavoro. L’estensione dell’ambito di applicazione della disposizione in esame, tuttavia, non è affatto pacifica, essendo anzi oggetto di un fervente dibattito dottrinale.

La maggioranza della dottrina che ha affrontato il problema sostiene la generale applicabilità dell’articolo 2087 c.c. a tutti i rapporti di lavoro subordinato. Tale convinzione poggia su diverse argomentazioni: dal richiamo al diritto alla salute, sancito dall’art. 32 Cost., a quello ai doveri di correttezza e buona fede, ex artt. 1175 e 1375 c.c., alle disposizioni contenute nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, applicabili “a tutti i lavoratori e lavoratrici”.

Molto più dubbia è, invece, l’applicabilità della disposizione in oggetto al lavoro autonomo e ai cc.dd. lavori “atipici”. Sul punto, gli studiosi si sono divisi tra chi sostiene che l’ambito di applicazione dell’art. 2087 debba essere limitato al solo rapporto di lavoro subordinato e chi, al contrario, afferma la valenza della norma anche con riguardo al lavoro autonomo, purché ricorrano certe condizioni.

Gli autori del primo gruppo osservano come i contratti d’opera, disciplinati dall’art. 2222 ss. c.c., siano caratterizzati dall’autonomia del prestatore nella scelta dei mezzi e nello svolgimento della propria attività. Il potere di ingerenza da parte del committente dell’opera sulle modalità di esecuzione del lavoro risulterebbe allora assai limitato, non essendo ipotizzabile un generale potere di controllo sulle capacità del prestatore né sull’adeguatezza dell’organizzazione dallo stesso predisposta. A tale limitazione del potere di controllo conseguirebbe, pertanto, la limitazione della responsabilità del committente circa l’adozione delle misure di tutela richieste dall’art. 2087.

L’altra parte della dottrina ritiene le predette argomentazioni riduttive e in contrasto con il corpus normativo vigente in materia di tutela della salute e della sicurezza sul luogo di lavoro. Anzitutto, è stato rilevato come l’art. 2087 non operi alcuna distinzione in ordine al tipo o alla qualità della prestazione lavorativa, facendo riferimento alla generica categoria dei “prestatori di lavoro”. Si evidenzia, poi, come il legislatore abbia già inteso estendere – sulla scorta delle indicazioni ricevute in ambito comunitario – la normativa antinfortunistica anche ai lavoratori autonomi, con le già richiamate disposizioni di cui al D.Lgs. 81/2008, espressamente applicabili “ai lavoratori e lavoratrici, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati”, e come il fondamento dell’estensione della tutela ai lavoratori autonomi sia radicato nel dettato costituzionale e, più precisamente, nel già menzionato art. 32. Tale filone dottrinale, in ultima analisi, ritiene che l’obbligo di tutela posto dall’art. 2087 debba trovare applicazione anche nel lavoro autonomo, purché lo stesso sia svolto in luoghi o strutture di proprietà del committente.

Allo stato dei fatti, quel che sembra certo è che il dibattito dottrinale sia destinato a non arrestarsi.