03 Mag Responsabilità dell’ente ex D. Lgs. 231/2001
In caso di proscioglimento dell’imputato per particolare tenuità del fatto, la responsabilità dell’ente non è automaticamente esclusa.
Con sentenza n. 9072 del 17 novembre 2017 (dep. 28 febbraio 2018), la Corte di Cassazione ha escluso che il proscioglimento per particolare tenuità del fatto nel procedimento penale a carico dell’imputato possa determinare automaticamente anche la non punibilità dell’ente nel procedimento a suo carico.
Nel caso di specie, il Tribunale di Grosseto aveva dichiarato non punibile ex art. 131 bis c.p.p. l’amministratore di una società chiamato a rispondere di attività di gestione di rifiuti non autorizzata – art. 256, co. 1, lett. a) d.lgs. n. 152/2006 – e aveva perciò, automaticamente, escluso anche la responsabilità dell’ente.
Accogliendo il ricorso della Procura generale presso la Corte d’Appello di Firenze, la Corte di Cassazione ha invece sancito l’autonomia della responsabilità della persona giuridica sul presupposto che “la sentenza di applicazione della causa di non punibilità ex art. 131 bis c.p.p. (…) esprime comunque un’affermazione di responsabilità, pur senza una condanna, e pertanto non può assimilarsi ad una sentenza di assoluzione, ma lascia intatto il reato nella sua essenza, sia storica sia giuridica”.
La Suprema Corte ha pertanto annullato con rinvio la sentenza impugnata stabilendo che, qualora nel procedimento penale a carico dell’autore del reato presupposto sia applicato l’istituto della particolare tenuità del fatto “il giudice deve procedere all’accertamento autonomo della responsabilità amministrativa della persona giuridica nel cui interesse e nel cui vantaggio il reato fu commesso; accertamento di responsabilità che non può prescindere da una opportuna verifica della sussistenza in concreto del fatto reato, in quanto l’applicazione dell’art. 131 bis c.p. non esclude la responsabilità dell’ente, in via astratta, ma la stessa deve essere accertata effettivamente in concreto”.
Il tema affrontato non è di poco momento se si considera che numerosi reati presupposto di cui al D.lgs. n. 231/2001 sono puniti con pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni e rientrano, perciò, nell’ambito di applicabilità della clausola di non punibilità dell’art. 131 bis c.p.: è evidente che riconoscere una forma di automatismo tra la non punibilità della persona fisica e la responsabilità dell’ente produrrebbe effetti favorevoli assai auspicabili.
A tal fine, i primi commentatori hanno già invitato la Suprema Corte a rivedere la linea tracciata in questa decisione giudicandola eccessivamente rigorosa “in malam partem”. In effetti, la norma che fa salva la responsabilità dell’ente in presenza di cause di estinzione del reato presupposto (l’art. 8 del D. Lgs. 231/2001 a cui si richiama anche la decisione in commento) si riferisce, per l’appunto, solo alle cause di estinzione del reato (quali la grazia o l’indulto), ma non anche alle cause di non punibilità come quella qui in esame.