05 Giu Mobbing sul posto di lavoro: solo se l’intenzione è quella di danneggiare.
I Giudici di merito hanno stabilito che per poter sussistere un’ipotesi di mobbing deve esservi una condotta, da parte del Datore di Lavoro, volontariamente diretta a danneggiare il lavoratore.
Con la recente sentenza n. 51 del 17 marzo 2017, il Tribunale di Udine ha stabilito che non vi è mobbing, da parte del Datore di Lavoro, in assenza di una condotta attraverso la quale lo stesso voglia volontariamente danneggiare il lavoratore. All’interno della suddetta sentenza, infatti, il Giudice di merito ha specificato che tale forma d’illecito possa ritenersi sussistente solo “in quanto risulti che l’unica ragione della condotta datoriale era quella consistita nel procurare un danno al lavoratore, nel mentre bisogna escluderla in caso contrario, indipendentemente dall’eventuale prevedibilità ed occorrenza in concreto di effetti simili o altrimenti sovrapponibili”.
In particolare, il Tribunale, rigettando un ricorso presentato da un lavoratore, ha specificato che il mobbing “rappresenta una specificazione del divieto – costituente canone generale dell’ordinamento giuridico e fondamento della exceptio doli generalis – di agire intenzionalmente a danno altrui, per cui devono necessariamente essere escluse dall’orbita della fattispecie tutte quelle vicende in cui fra datore di lavoro e lavoratore si registrano semplicemente posizioni divergenti o perfino conflittuali, affatto connesse alla fisiologia del rapporto di lavoro”.