04 Set Legittimo il licenziamento del lavoratore che insulti e minacci il proprio superiore
Con una recente sentenza la Corte di Cassazione ha stabilito che sia da ritenersi legittimo il licenziamento per giusta causa del lavoratore che reagisca ad un richiamo del proprio superiore insultandolo.
Con la recentissima sentenza numero 20099/17 del 14 agosto 2017, la Corte di Cassazione ha stabilito che per il lavoratore che si rivolga al proprio superiore insultandolo possa scattare il licenziamento per giusta causa.
Nella fattispecie sottoposta ai Giudici della Suprema Corte, un operaio, sindacalista all’interno dell’azienda, si era reso colpevole di aver insultato e minacciato il proprio capo-reparto dopo un rimprovero per essersi allontanato dall’officina senza autorizzazione. A quel punto, era scattato il licenziamento in tronco per giusta causa, la cui legittimità era stata riconosciuta in Corte d’Appello ove i giudici di merito avevano definito “ai limiti dell’insubordinazione” la condotta del dipendente e, quindi, ritenuto “adeguata e proporzionata” la risposta dell’azienda.
Nessuna chance per il lavoratore che, ricorrendo in Cassazione, sperava di poter dimostrare quanto – a suo dire – la pena fosse sproporzionata. Secondo il lavoratore, infatti, non si trattò di insubordinazione, ma di legittima rimostranza nei confronti di un richiamo ritenuto “pretestuoso e infondato”, ciò alla luce del fatto che dal proprio allontanamento nessun danno era derivato per l’azienda.
Nella sentenza del 14 agosto 2017, però, la Cassazione ha rigettato il ricorso del lavoratore.