LA MANCANZA DI UN’ADEGUATA PROGRAMMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA NON E’ FONTE DI RESPONSABILITA’ DELL’AMMINISTRATORE.

03 Mag LA MANCANZA DI UN’ADEGUATA PROGRAMMAZIONE ECONOMICO-FINANZIARIA NON E’ FONTE DI RESPONSABILITA’ DELL’AMMINISTRATORE.

La Suprema Corte ha stabilito che la mancata programmazione economico-finanziaria di una società non è di per sé sufficiente a fondare la responsabilità degli amministratori.

Il caso in esame trae origine da un’azione di responsabilità promossa dal curatore di una società fallita nei confronti di tre soggetti, considerati amministratori di fatto della fallita. Il Tribunale di Enna, con sentenza del 6 maggio 2010, ha pienamente accolto la domanda del curatore, condannando gli amministratori di fatto al pagamento, in solido tra loro, di Euro 394.675,23, importo pari alla differenza tra il passivo e l’attivo accertato in sede concorsuale. La sentenza del giudice di prime cure è stata poi confermata in secondo grado, ove la Corte d’Appello ha rilevato che la complessiva condotta degli amministratori di fatto (cui era imputabile la mancata programmazione economico-finanziaria dell’attività d’impresa) aveva concorso a determinare l’irrimediabile dissesto finanziario della società.

Avverso tale sentenza, i convenuti hanno ricorso per cassazione, contestando, oltre alla qualifica di amministratori di fatto, sia la sussistenza di una propria responsabilità nel dissesto della società, sia la quantificazione del danno in base al criterio della differenza tra il passivo e l’attivo concorsuale.

La Suprema Corte, pronunciandosi sul ricorso, ha dapprima confermato la qualifica di amministratori di fatto dei soggetti convenuti, non avendo gli stessi prodotto elementi idonei a superare la prova fornita da parte attrice; mentre, in punto di responsabilità, ha ritenuto di dover accogliere le censure mosse dai ricorrenti. Difatti, sulla scorta di una giurisprudenza consolidata, gli ermellini hanno ribadito che all’amministratore di una società non può essere imputato, a titolo di responsabilità, di aver compiuto scelte inopportune dal punto di vista economico: tali scelte, in considerazione dell’alea di discrezionalità riconosciuta all’amministratore, possono rilevare come giusta causa per una sua revoca, ma non come fonte di responsabilità contrattuale nei confronti della società, per la quale rileva esclusivamente la diligenza mostrata dall’amministratore nell’apprezzare preventivamente i margini di rischio connessi all’operazione da intraprendere.

Inoltre, la corte di legittimità ha sottolineato che la sentenza impugnata, laddove afferma che “la gestione non è stata caratterizzata da un’adeguata programmazione economico-finanziaria”, senz’altro aggiungere, pone in realtà una valutazione di totale genericità, del tutto scollegata da qualunque scrutinio dei dati istruttori disponibili.

Conseguentemente, la Suprema Corte ha cassato la sentenza e ha rinviato alla Corte d’Appello per la decisione sul merito.