07 Apr LA CONCORRENZA SLEALE COMPIUTA DAL TERZO PRESUPPONE UNA RELAZIONE DI INTERESSI CON L’IMPRESA AVVANTAGGIATA
La Corte di Cassazione ha recentemente ritenuto non sussistente un illecito concorrenziale compiuto dal terzo stante l’assenza di un collegamento tra il terzo e l’imprenditore avvantaggiato.
Nella specie, l’atto di concorrenza sleale sarebbe stato compiuto da una società terza che nel pubblicare un annuncio pubblicitario sulla propria rivista aveva inavvertitamente associato la denominazione della società inserzionista con quella di un’altra società diretta competitor della predetta inserzionista, creando, per l’effetto, una presunta confusione tra i lettori tale da sfociare in uno storno di clientela in favore della concorrente, comprovato da un contestuale decremento del fatturato della predetta ricorrente prodotto a partire dall’errata pubblicità.
Veniva, dunque, instaurato dall’inserzionista un giudizio nei confronti della società che aveva pubblicato l’errato annuncio, nonché della società concorrente citata nella pubblicità e volto ad ottenere il risarcimento del danno subito proprio in seguito al contestato annuncio che, a detta della ricorrente, concretizzava un episodio di “concorrenza sleale”.
Dopo essere stata rigettata in primo e in secondo grado, la questione è stata sottoposta all’attenzione della Corte di Cassazione la quale, con la sentenza n. 7476 di marzo 2017 ha precisato che affinché la commissione del fatto lesivo della concorrenza da parte di un terzo abbia rilievo, è necessaria l’esistenza di una relazione di interessi tra l’autore dell’atto e l’imprenditore avvantaggiato, insussistente nel caso di specie. Pertanto, affinché si verifichi un atto di concorrenza sleale compiuto da un terzo, grava sull’attore l’onere di provare la sussistenza di un collegamento tra il terzo e il soggetto avvantaggiato.