28 Nov Il Contratto in frode alla par condicio è sempre nullo?
L’intento comune delle parti di un contratto di alterare la par condicio creditorum non è di per sé illecito e pertanto non determina la nullità del contratto ai sensi dell’articolo 1418 del codice civile.
La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, torna ad esprimersi in tema di validità dei contratti pregiudizievoli per i terzi, ed in particolare lesivi dei diritti e delle aspettative dei creditori di una delle parti contraenti.
Nel caso di specie, oggetto del procedimento era un contratto di mutuo stipulato in frode ai creditori di una azienda in fallimento, diretto a procurare ad uno dei contraenti la possibilità di soddisfare il proprio credito con preferenza rispetto agli altri creditori, in violazione del principio di parità di trattamento dei creditori.
I giudici di merito avevano, perciò, riconosciuto la sussistenza dell’illiceità del motivo determinante e comune a entrambe le parti, sancendo la nullità del contratto ai sensi dell’articolo 1418 del codice civile. In appello era stato altresì ritenuto che la causa era contraria a norme imperative (in particolare all’articolo 216, comma 3 della Legge Fallimentare, in materia di bancarotta preferenziale): si tratta di un’ulteriore ipotesi che può determinare la nullità del contratto, “salvo che la legge disponga diversamente”.
La Suprema Corte ha, tuttavia, cassato la sentenza, rinviandola alla Corte d’Appello. Difatti il motivo illecito deve identificarsi in una finalità vietata dall’ordinamento in quanto contraria a norme imperative, all’ordine pubblico o al buon costume, oppure in quanto diretta ad eludere norme imperative. Non esistendo nell’ordinamento una norma che vieti, in via generale, il contratto in frode dei terzi, l’intento delle parti di alterare la par condicio creditorum non è di per sé riconducibile ad una di tali fattispecie e non può essere, pertanto, considerato illecito.
Secondo la Corte, infine, la prospettata contrarietà della causa del contratto al citato articolo 216, comma 3, non comporterebbe comunque la nullità del contratto, poiché la legge prevede rimedi diversi e specifici per la “violazione contrattuale” di tale prescrizione: in altri termini, “dispone diversamente”.
Ne consegue che il contratto, nella fattispecie considerata, non può essere considerato nullo per illiceità della causa, per frode alla legge o per motivo illecito determinante comune alle parti.