31 Ott Assenza dal posto di lavoro per infortunio o malattia ed i limiti dell’efficacia probatoria del certificato medico.
Con una recente sentenza la Corte di Cassazione ha stabilito che il certificato di malattia rilasciato dall’INAIL non è sufficiente a giustificare l’assenza del lavoratore laddove il datore dia prova che lo stesso svolga attività incompatibile con lo stato di malattia.
Con la sentenza n. 19089 dell’1 agosto 2017, la Corte di Cassazione ha esaminato una fattispecie di licenziamento disciplinare comminato ad un dipendente, assente dal posto di lavoro a seguito di un grave infortunio certificato dall’INAIL, con tanto di previsione di guarigione e, quindi, termine per il rientro sul posto di lavoro.
In particolare, attraverso le indagini di un’agenzia investigativa, era emerso che il lavoratore aveva svolto attività incompatibili con il suo stato salute e, comunque, suscettibili di pregiudicarne la guarigione e, per tale ragione, il datore aveva proceduto con il licenziamento disciplinare.
Il lavoratore aveva impugnato la decisione della Corte di merito, rilevando che egli non avrebbe potuto riprendere servizio prima della data indicata nel certificato rilasciato dal medico INAIL, facente fede sino a querela di falso.
Nel rigettare il gravame, confermando la giusta causa di licenziamento, la Suprema Corte ha precisato che l’efficacia probatoria del certificato medico sino a querela di falso, come stabilito dall’art. 2700 cod. civ., è limitata alla provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato ed alle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti.
La Suprema Corte, infatti, ha evidenziato che “la prognosi della guarigione, certificata dal medico pubblico ufficiale, non rientra certo nei fatti avvenuti in sua presenza, o da lui compiuti, come tale perciò non fidefaciente nei sensi contemplati dall’art. 2700, comportando soltanto una manifestazione di scienza in relazione allo stato morboso, verificato alla data dell’attestazione (peraltro spesso anche in base alle mere dichiarazioni rese dal soggetto direttamente interessato, come non di rado capita nella pratica), rapportata ad un momento successivo e quindi futuro, perciò necessariamente al di fuori della contestuale percezione, invece pure richiesta dalla norma”.