30 Set La disciplina della “Branch exemption”
Con Decreto Legislativo in data 14 settembre 2015 n. 147, il legislatore ha introdotto al D.P.R. 22 dicembre 1986 n. 917 l’articolo 168 ter che disciplina il regime cd. di “branch exemption”. L’Agenzia delle Entrate è intervenuta con proprio Provvedimento del 28 agosto 2017 disponendo le modalità applicative di detta disciplina.
Con l’introduzione dell’articolo 168 ter nel Testo Unico delle imposte sui redditi, le società residenti nel territorio dello Stato che posseggono stabili organizzazioni all’estero possono optare per il regime di esenzione da tassazione degli utili e delle perdite da queste generate cd. di “branch exemption”.
Attraverso tale meccanismo, i redditi o le perdite prodotte dalle stabili organizzazioni estere, risultanti da apposito rendiconto economico e patrimoniale e quantificati applicando le norme fiscali italiane di determinazione del reddito, non vengono inclusi nell’imponibile fiscale dell’impresa italiana ma restano tassati, in via esclusiva, nello Stato in cui la stabile organizzazione ha la propria sede.
La casa madre italiana dovrà, in ogni caso, indicare separatamente in dichiarazione i redditi o le perdite generate dalle stabili organizzazioni estere che, per effetto della branch exemption sono stati esclusi dal reddito complessivo dell’impresa.
L’opzione per il regime di branch exemption è esercitabile dalla casa madre italiana attraverso l’indicazione in apposito rigo della dichiarazione dei redditi e ha effetto nei confronti di tutte le stabili organizzazioni dell’impresa esistenti al momento dell’esercizio nonché per quelle costituite successivamente senza necessità di una nuova opzione.
Le stabili organizzazioni devono essere considerate tali nello Stato estero di localizzazione ai sensi delle Convenzioni contro le doppie imposizioni in vigore con l’Italia o in forza della propria legislazione domestica.
Il regime di esenzione ha effetto dal medesimo periodo d’imposta in cui è presentata l’opzione, cessando solo in caso di chiusura di tutte le branches. Qualora nei tre periodi d’imposta successivi alla chiusura, in assenza di una nuova opzione, la casa madre costituisca nuove stabili organizzazioni nei medesimi Stati, l’Agenzia delle Entrate potrebbe considerare tale operazione costituente un abuso di diritto. A tal fine, la casa madre potrà presentare apposito interpello all’Agenzia delle Entrate per conoscerne il parere in via preventiva.
Quando le stabili organizzazioni hanno sede in territori a regime fiscale privilegiato, il regime di branch exemption prevede che si applichino le ordinarie disposizioni di cui all’articolo 167 del TUIR per cui il reddito estero viene necessariamente tassato in Italia, scomputando il credito d’imposta estero, salvo la casa madre abbia ricevuto risposta positiva da parte dell’Agenzia delle Entrate ad apposito interpello CFC, avendo dimostrato che il soggetto estero svolge effettiva attività e non sia stato ivi costituito al mero fine di ottenere un risparmio d’imposta.
L’adesione al regime opzionale comporta il “recapture” delle perdite fiscali, realizzate dalle stabili organizzazioni nei cinque periodi d’imposta precedenti, utilizzate dalla casa madre. I redditi realizzati dalla stabile organizzazione in regime di branch exemption parteciperanno alla formazione del reddito imponibile della casa madre fino a concorrenza delle perdite fiscali, al netto dei redditi realizzati, prodotte e già utilizzate in compensazione del reddito realizzato dalla società italiana.
La casa madre calcola il recapture per singolo Stato estero, assumendo che esista una sola stabile organizzazione, anche se divisa in più siti produttivi sommando, per i cinque periodi d’imposta precedenti a quello di efficacia dell’opzione, i risultati reddituali conseguiti dalle branches.
Per i cinque anni precedenti l’applicazione del regime occorre anche eventualmente procedere alla rettifica del valore delle attività, passività, funzioni e rischi trasferite dalla casa madre e le stabili organizzazioni o vice versa, valorizzandole al valore normale. L’adeguamento del costo fiscale al valore normale dovrà avvenire mediante apposite variazioni in aumento e diminuzione da effettuare nella sezione della dichiarazione dei redditi relativa alla determinazione del reddito dell’impresa nel complesso e della stabile organizzazione esente.