02 Mar Adeguate informazioni giustificative e il nuovo falso in bilancio
Negli ultimi anni il reato di falso in bilancio è stato oggetto di varie modifiche legislative che ne hanno ridisegnato la formulazione oscillando, alternativamente, tra la sua sostanziale disapplicazione e l’inasprimento del trattamento sanzionatorio.
Da ultimo, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno risolto il contrasto interpretativo che si era prodotto all’indomani della più recente modifica alla disciplina operata della Legge n. 69 del 2015.
La Suprema Corte, con la sentenza n. 22474 del 2016, ha chiarito che “il reato di false comunicazioni sociali sussiste (anche) con riguardo alla esposizione o alla omissione di fatti oggetto di valutazione”.
La questione si era posta allorché la Quinta sezione della Cassazione aveva rimesso alle Sezioni Unite il quesito se – come ritenuto da alcune pronunce della medesima Sezione all’indomani della riforma – la nuova formulazione dell’art. 2621 c.c. avesse comportato un effetto parzialmente abrogativo della fattispecie dopo che la Legge n. 69/2015 aveva eliminato l’inciso “ancorché oggetto di valutazione”.
Ebbene, come appena visto, le Sezioni Unite hanno rigettato quella interpretazione “abrogativa” sul presupposto che vada privilegiata, in luogo del dato meramente letterale, una visione logico-sistematica della materia che tenga conto anche delle conseguenze derivanti dall’una o dall’altra interpretazione.
In altre parole – argomenta la Suprema Corte – se è vero che l’oggetto della tutela penale dell’intera materia societaria in tema di bilancio sia da individuarsi nella “trasparenza societaria” e se è vero che la stessa normativa civilistica presuppone e/o prescrive il momento valutativo nella redazione del bilancio, dettandone anche i criteri e il metodo di valutazione, allora non può negarsi che anche il falso valutativo mantiene il suo rilievo penale.
Più precisamente, il reato di false comunicazioni sociali è configurabile in relazione alla esposizione in bilancio di enunciati valutativi “se l’agente, in presenza di criteri di valutazione normativamente fissati o di criteri tecnici generalmente accettati, si discosti consapevolmente e senza darne adeguata informazione giustificativa, in modo concretamente idoneo ad indurre in errore i destinatari delle comunicazioni”.
Eliminato ogni riferimento alle soglie percentuali di rilevanza (risalenti alla sostanziale “depenalizzazione del 2002), la nuova normativa affida al giudice la valutazione – in concreto – dalla incidenza della falsa appostazione o della arbitraria preterizione della stessa secondo una valutazione di causalità ex ante sulla portata decettiva della falsa informazione in bilancio e, in ultima analisi, sulla idoneità ingannatoria del falso (sia che si tratti delle esposizione in bilancio di un bene inesistente o della omissione di un bene esistente, sia che si tratti della falsa valutazione di un bene che pure è presente nel patrimonio sociale).