27 Ott La società in crisi non applica le norme in materia di società di comodo
La Corte di Cassazione dichiara la disapplicabilità automatica delle norme in materia di società di comodo nel caso di crisi d’impresa (Cassazione Civ. Sez. V, 21 giugno 2016, n. 12777)
Con sentenza n. 12777 del 21 giugno 2016 la Corte di Cassazione ha sancito un importante principio secondo il quale un’ impresa in stato di crisi sarebbe legittimata a disapplicare la normativa in materia di società di comodo avendone i presupposti di legge ai sensi dell’articolo 30, comma 4 bis della Legge n. 724/1994.
La disciplina delle società di comodo ha introdotto una presunzione legale relativa in base alla quale una società si considera “non operativa” quando la somma di ricavi, incrementi di rimanenze e altri proventi (esclusi quelli straordinari) imputati in conto economico è inferiore a un ricavo presunto, calcolato applicando determinati coefficienti percentuali al valore degli asset patrimoniali intestati alla società.
Lo status di società non operativa comporta conseguenze molto gravose e penalizzanti le quali possono essere evitate solo in presenza di specifiche cause esimenti o disapplicative ovverosia di circostanze oggettive, diverse da scelte imprenditoriali o da situazioni modificabili dall’imprenditore, che impediscono la congrua realizzazione di ricavi e che non consentono alla società di adeguarsi ai parametri previsti dalla Legge.
Tra le esimenti di cui al comma 4bis dell’art. 30 della Legge n. 724/1994 la Circolare 26 febbraio 1997 n. 48 del Ministero delle Finanze contempla i casi di soggetti che non si trovano in un periodo di normale svolgimento dell’attività produttiva prevista dall’oggetto sociale. Detta ipotesi si verifica quando si interrompe l’ordinaria gestione, ovvero l’impresa sia impossibilitata, per impedimenti di carattere oggettivo, a svolgere l’attività economica prevista nell’oggetto sociale.
Nella sentenza in commento la Corte di Cassazione ha ritenuto operante la suddetta causa esimente anche nel caso di una società in evidente stato crisi da intendersi, per tale ragione temporaneamente non in grado di svolgere la propria attività caratteristiche per cause del tutto indipendenti dalla volontà o capacità imprenditoriale.
L’applicazione generalizzata di tale principio consentirebbe alle società in stato di crisi, sia in fase di interpello che in caso di eventuali contestazioni da parte dell’Agenzia delle Entrate di vantare l’esimente predetta dando prova dell’esistenza dello stato di crisi che ne ha impedito il normale esercizio.