29 Lug Legittimo il licenziamento per ragioni organizzative finalizzato alla ricerca di un maggior profitto
Con recente sentenza la Corte di Cassazione ha esaminato la casistica del licenziamento per soppressione del posto di lavoro ed ha chiarito che è possibile risolvere un rapporto di lavoro per ragioni organizzative volte ad ottenere un maggiore profitto.
Con la sentenza n. 13516 del 1 luglio 2016 la Corte di Cassazione, nel ribadire alcuni principi in materia di licenziamento per ragioni organizzative ha definitivamente chiarito che è possibile risolvere un rapporto di lavoro per ragioni organizzative al fine di ottenere un maggiore profitto. In primo luogo, la Suprema Corte ha ricordato il noto principio secondo cui il controllo giurisdizionale del licenziamento per giustificato motivo oggettivo, per non sconfinare in valutazioni di merito che si sovrappongono a quelle dell’imprenditore, deve limitarsi a verificare che il recesso non sia pretestuoso, bensì determinato da genuine scelte organizzative.
Tanto premesso, la Suprema Corte ha evidenziato che la soppressione di una posizione lavorativa può derivare:
– da una diversa organizzazione tecnico-produttiva che abbia reso determinate mansioni obsolete o, comunque, non più necessarie per insindacabile scelta aziendale (come nella fattispecie esaminata, in cui era avvenuta la soppressione della posizione di addetta alle pubbliche relazioni);
– dall’esternalizzazione di determinate mansioni;
– dalla soppressione di un intero reparto o dalla riduzione del numero dei suoi addetti in quanto sovrabbondante rispetto all’impegno richiesto;
– da una differente ripartizione di determinate mansioni fra il personale in servizio, attuata al fine di una più economica ed efficiente gestione aziendale, con aggiunta di ulteriori mansioni a quelle già espletate da altri lavoratori e conseguente esubero della posizione lavorativa del dipendente che vi era addetto in modo esclusivo o, comunque, prevalente.
La Suprema Corte ha evidenziato che la costante di tutte le ipotesi sopra prospettate è sempre la medesima, ovvero migliorare la produttività, che consiste nel rapporto tra due quantità e, più precisamente, la quantità di prodotto ottenuta in un certo periodo di tempo e quella dei fattori impiegati nello specifico processo produttivo.
In conclusione, la Suprema Corte confermato la facoltà dell’imprenditore di ricercare il profitto con l’abbattimento del costo del lavoro, sempreché, al licenziamento corrisponda un effettivo mutamento dell’organizzazione aziendale e non che, ad esempio, esso venga sostituito da un nuovo assunto.