LE MODIFICHE ALLA PROPOSTA DI CONCORDATO SONO INAMMISSIBILI SE SUCCESSIVE AL VOTO DEI CREDITORI

05 Giu LE MODIFICHE ALLA PROPOSTA DI CONCORDATO SONO INAMMISSIBILI SE SUCCESSIVE AL VOTO DEI CREDITORI

Con una recente sentenza, la Corte di Cassazione ha confermato l’orientamento secondo il quale la facoltà di modificare la proposta di concordato deve essere esercitata prima dell’inizio delle operazioni di voto.

Con sentenza della Corte d’Appello di Roma veniva negata l’omologazione di un piano di concordato preventivo proposto da un’impresa, sulla base del fatto che un ingente credito asseritamente vantato dalla ricorrente (e posto alla base della proposta) risultava essere stato ceduto ad una banca in data anteriore al deposito del ricorso. L’impresa, dal canto suo, da una parte aveva proposto querela di falso avverso tale cessione del credito, disconoscendone perciò la sussistenza, e dall’altra aveva depositato una dichiarazione scritta di impegno da parte della debitrice asseritamente ceduta; ciononostante, i giudici di merito avevano individuato, in tale integrazione documentale, un inammissibile mutamento alla proposta di concordato.

L’impresa presentava ricorso per Cassazione, deducendo – tra gli altri motivi – che la modifica era da intendersi migliorativa del piano oggetto del giudizio di omologazione, dal momento che la dichiarazione di impegno del preteso debitore ceduto comportava un rafforzamento della garanzia di adempimento.

Preliminarmente, giova ricordare che il comma 2 dell’articolo 175, Legge Fallimentare – prima di essere soppresso nel 2015 – stabiliva che “La proposta di concordato non può più essere modificata dopo l’inizio delle operazioni di voto”. La Corte ha sottolineato che i creditori avevano già espresso il proprio voto sulla proposta di concordato originaria, mentre il ricorrente aveva contestato l’avvenuta cessione solo in sede di discussione del giudizio di omologa. Il piano di concordato emerso in fase di omologa era stato correttamente ritenuto diverso da quello originale, e tale modifica era inammissibile in quanto tardiva: difatti, nell’interpretare la disposizione sopra menzionata, i giudici di legittimità hanno ribadito il costante orientamento secondo il quale l’esercizio della facoltà di modifica è “rigorosamente limitato alla fase anteriore all’inizio delle operazioni di voto, senza distinguere tra modifiche migliorative e peggiorative, al fine di evitare che il calcolo delle maggioranze si fondi su voti espressi in riferimento ad un piano diverso da quello destinato ad essere effettivamente eseguito”.

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 10826 del 4 maggio 2017, ha dunque confermato la sentenza d’appello, espressione del costante orientamento giurisprudenziale, ed ha rigettato il ricorso.