Delitti contro l’ambiente, l’interpretazione della Cassazione

29 Nov Delitti contro l’ambiente, l’interpretazione della Cassazione

I giudici di legittimità chiariscono quando si ritiene integrato il reato di inquinamento ambientale. Niente vincoli rigidi, ma la condotta illecita deve cagionare uno squilibrio significativo e misurabile nell’ecosistema.

La Corte di Cassazione, con la pronuncia del 3 novembre 2016  in materia di “ecodelitti”, stabilisce per la prima volta i punti chiave nell’interpretazione del reato di inquinamento ambientale introdotto dalla legge n. 68/2015.

Ripercorrendo la vicenda oggetto di ricorso – relativa ad un’operazione di dragaggio che aveva contaminato le acque del golfo di La Spezia – i giudici di legittimità si soffermano sugli elementi costitutivi del nuovo delitto, individuandone i tratti salienti per la valutazione del caso concreto.

In primo luogo, la sentenza in questione chiarisce il concetto di “abusività” della condotta,  osservando come si avrà un comportamento illecito non solo in assenza delle dovute autorizzazioni (attività clandestina), ma anche quando queste siano scadute, illegittime oppure non commisurate alla natura dei rifiuti autorizzati. La condotta abusiva, quindi, comprenderà sia le violazioni di legge, sia il mancato rispetto delle prescrizioni amministrative secondarie.

Successivamente, la lettura della Corte si sofferma sull’individuazione del fenomeno produttivo dell’inquinamento. L’inquinamento consegue sempre ad una “compromissione” o ad un “deterioramento” del bene ambientale, dovendosi intendere i due termini nel senso di alterazioni funzionali o strutturali dell’originale consistenza della matrice ambientale. Non potrà, tuttavia, prescindersi da una valutazione sul livello concreto di “lesività” dell’evento dannoso, così da escludere i fatti di minimo rilievo.

L’ambito di operatività del reato in esame, infatti, è circoscritto da due precisi parametri, che richiedono uno squilibrio “significativo” e “misurabile” nell’ecosistema. Secondo l’opinione della Cassazione, in assenza di specifici limiti normativi, i parametri appena richiamati devono essere intesi quali generici criteri di rilevanza qualitativa e quantitativa, sganciati da rigidi vincoli interpretativi.

In mancanza di espliciti standard tecnico-scientifici cui ricondurre una chiara soglia di lesività, ogni valutazione sul reato di inquinamento ambientale sarà rimessa, in ultima istanza, all’apprezzamento concreto dell’interprete. Questo perché, ad avviso dei giudici, ben potrebbe verificarsi una situazione di danno o pericolo per l’ambiente di “così macroscopica evidenza o, comunque, concretamente accertabile” da integrare il delitto in parola senza ricorrere ad ulteriori argomentazioni o accertamenti.